Il racconto di Fabio Barboni al Jeroboam Bike Fest 2018: pedalando e spingendo in Franciacorta tra l’Iseo e il Garda
Sabato 22 e domenica 23 settembre, in quel di Erbusco, si è tenuto il Jeroboam Bike Fest 2018. Una due giorni all’insegna del ciclismo gravel e su strada abbinato alla degustazione dei vini Franciacorta che hanno appunto in questo paesino, dal 1993, la sede del loro Consorzio.
Gli eventi ciclistici organizzati erano quattro:
– Jeroboam 35,7 | pedalata destinata alla degustazione con partenza sia il sabato che la domenica
– Jeroboam 75 | giro gravel per le valli della Francia Corta a sud del lago d’Iseo
– Jeroboam 150 | giro stradale impegnativo prima lungo la ciclabile del lago di Iseo continuando poi per le valli e monti tra il lago di Iseo e il Garda
– Jeroboam 300 | trail di 300km per 6.000m di dislivello positivo, che se può sembrare impegnativo per i numeri lo è ancor di più per fondo e concentrazione del dislivello nella sola parte centrale del percorso.
“Come rompere la noia evitando il solito Week End a pedalare i soliti 200 km per le solite strade? Niente, chiami un amico più pazzo di te e ti iscrivi al Trail più estremo che la mente umana possa mai aver concepito: il Jeroboam 300.
Arriviamo venerdì sera in tarda ora. Io e ed il mio amico Andrea, maratoneta, ciclista esperto , guida di Mtb e finisher di numerosi trail tra cui il 20K, non proprio un novellino. Anche se ormai tutti sono a nanna ci viene incontro un gentilissimo ragazzo dell’organizzazione, ci fa accomodare con le nostre tende, apre il magazzino per ricovero bici e ci da alcune indicazioni di massima.
Gli stand erano già pronti, ci sono tutti gli sponsor, il promoter 3T Bike, Pedaled, MissGrape, Kask, Fi’zi:k, Bivo e Chimapzee, Ing Rid. Essendo notte tuto tace e qualcuno già russa, ne approfitto per provare la mia nuova Salewa litetreck e riposo sino all’alba.
Il mattino seguente gli stand aprono, iniziano ad arrivare i primi rider e i ragazzi tedeschi a fianco si preparano un bel bivacco da campo per fare colazione. Io mi limito al tipico cappuccino con 1/4 di torta margherita. L’ambiente è veramente “cool”: ciclisti e bici stilose, anche Nure (patron di Miss Grape) esce dal bozzo/amaca in cui aveva dormito al mio fianco e sistema il tutto.
Devo dire che l’organizzazione si presenta subito ottima: le iscrizioni sono veloci, le ragazze simpatiche, gli organizzatori disponibili e anche la location è ben studiata, nulla è lasciato al caso. Vedo molte facce note conosciute al BAM e al Tuscany Trail. Siamo una sorta di grande famiglia con bici gravel, barba, borsette, tatuaggi e per fortuna senza magliette fluorescenti inneggianti alla salumeria da Gino o alla metalmeccanica Ferrarese.
Alle nove, in ordine sparso, parte la Jeroboam 300: una massa multicolore, multibarbe e multilingue che incoscientemente si appresta ad affrontare quella che a consuntivo ho definito la risposta Gravel alla Rampage per il DH.
La faccio breve: viaggio bello arzillo per circa 80 km tra vigneti, ciclabili lungo fiume, valli nascoste con tanto di sito archeologico che sbuca dal nulla. 80 km di puro piacere gravel con solo 200 metri di dislivello con qualche salita e rampa. Viaggio insieme ad Andrea e Filippo, ventenne, appena conosciuto e reduce dalla NorthCape4000; di tanto in tanto gioco con dei danesi che supero almeno 5 volte in salita. Dopo ogni sosta fotografica sorridono, ma credo che in danese qualche accidenti sia arrivato…
Dopo il primo Check point la questione si fa seria, arriviamo alle pendici del passo del Dosso Falcone. Qui inizia l’inferno: rampe su rampe, sentieri da trekking, pascoli tutto di un fiato fino al Passo…anche la discesa seguente sino a rifugio Amici (anche a cause delle evidente tracce di pioggia dei giorni precedenti) era ai limiti della praticabilità. In poche parole impieghiamo circa 5 ore per fare 20 km e quando siamo al rifugio Amici sono già le sei di sera.
Da li la scelta, sofferta, di non proseguire la traccia della 300 ma di seguire la “traccia della vergogna” che con i suoi soli 240km e 4000m di dislivello ci avrebbe riportato a casa. Filippo, con le scarpe da strada aperte a metà, opta per il comodo asfalto in modo da evitare ulteriori problemi, fa lo stesso un altro ragazzo che aveva finito le scorte di camere d’aria con tre forature. Io stesso mi dico che i numeri della traccia “breve” li avrei retti dovendo rientrare per la mattina successiva, non sarebbe stato lo stesso per quelli della traccia da 300 che mi avrebbero richiesto sicuro più tempo, data la necessità di spingere e camminare per molti km nel tratto successivo. Purtroppo noi di tempo non ne avevamo abbastanza per poi poter tornare nelle terre natie senza rischiare un incidente in A14.
Morale della favola, mentre alcuni partecipanti si preparavano ad affrontare la via lunga ricaricandosi a suon di birra e spaghetti al Rifugio Amici, noi dopo un piatto di fagioli si riprendeva la via del ritorno verso Salò.
Lungo il percorso ci concediamo giusto qualche pausa di verifica traccia e una pausa cappuccino appena raggiunta la civiltà, verso le 11 di sera. Pedaliamo poi per le campagne bresciane fino ai tendoni del Jeroboam Bike Fest. Unica nota, sbagliamo strada verso Brescia, ma stremati continuiamo e finiamo per attraversare le famigerate vie notturne di Ospitaletto, dove le donne sono uomini e la razza caucasica è in minoranza. Con la lampada notturna scarica dai -10km raggiugno l’arrivo con giusto le forze per farmi una doccia calda finendo per stramazzare a terra sotto un gazebo usato come riparo di fortuna. Mi risveglio dopo 5 ore di sonno profondissimo in cui avrebbero potuto anche asportarmi un rene senza anestesia.
Nelle ore seguenti arrivano piano piano gli eroi della 300 e altri della 240, verso le otto la festa ricomincia, nonostante tutto mi sento in forma. Dato che ancora avevo portafoglio e tutti gli organi ed ero partito per fare 300 km, non so come, trovo la forza per rimettermi in bici con le borse a pieno carico e mi godo un bel giro lungo tutta la ciclabile est del lago d’Iseo sino a Pisogne: il tempo era tiranno, scatto foto solo all’andata e torno velocissimo grazie a un gruppo di ciclisti che con la media dei 40 mi riportano in tempo per fare un buon pranzo a base di Hamburger di Cervo. Scambio due chiacchiere con Dino Lanzaretti, felice come un bambino avendo appena pedalato un pò di km con una bella Gravel 3T che: “ostrega quanto è figa! Costa più di tutte le bici che ha avuto ed più leggera della motosega che ho in garage!”
In conclusione l’evento Jeroboam 300 si è dimostrato all’altezza delle premesse: estremo, duro e tecnico, forse anche oltre le intenzioni degli organizzatori per i temporali che avevano oltremodo reso insidioso il terreno e ampliato le zone indicate in traccia come non pedalabili, sia in discesa che salita. C’è stato molto da pedalare, molto da spingere e salite da selezione naturale della specie, tuttavia tutto era ben spiegato, la via di fuga al rifugio amici dava modo di tornare per asfalto o per una traccia tosta ma comunque più umana, anche considerando i tempi ristretti di un trail da overnight. Nonostante l’evento fosse unsupported delle moto hanno fatto la ronda notturna sui sentieri in traccia e sono stato contattato al telefono in serata per una verifica finale se fossi rientrato senza problemi.
Cosa aggiungere, sicuramente il Jeroboam Bike Fest è un bel raduno con una location abbastanza comoda anche per chi sale dal centro Italia come me, il lago di Iseo e il Garda non hanno bisogno di pubblicità: il cibo è buono, il vino anche (dicono, io sono astemio); per quanto attiene il Trail non lo consiglierei agli amanti della pedalata rotonda, a loro consiglio la 150 di cui ho percorso un tratto spettacolare; come pure a chi ha una visione del trail più cicloturistica o è poco allenato. La Jeroboam 300 è un evento estremo come lo può essere una Sella Ronda Hero per la Mtb o la Rampage per il Downhill ed è giusto che rimanga così, parafrasando Niccolò Varanini e Michele Minessi che hanno tracciato il percorso “non tutti possono iscriversi e concludere un Tör des Geants in 90 ore o un Tour Divide in 15 giorni, e la Jeroboam 300 sarà nel suo piccolo così selettiva”. Io che l’ho maledetto lungo le scarpate del Dosso non posso non condividere e sperare di tornare , in forma, con meno borse, rapporti più agili e sopratutto con più tempo a disposizione per finire il percorso in versione 300 il prossimo anno.”
Foto e testo di Fabio Barboni