Fabio Barboni non si ferma mai e questa volta ci porta alle Isole Canarie per un evento organizzato in mezzo al deserto
Testo e foto di Fabio Barboni

Ho imparato che nella vita a volte le esperienze più entusiasmanti capitano, così, senza averle programmate più di tanto, semplicemente accadono: questo è quello che mi è successo con questo evento anche se definirlo trail è molto riduttivo perché sono partito per un trail e mi sono ritrovato ad affrontare un viaggio, con tutto ciò che ne consegue.
Prologo
E’ ottobre, domenica pomeriggio, sono a casa scrollando Facebook, arriva un messaggio di un contatto, è Diego Gallo, viaggiatore di lungo corso, con cui scambio due chiacchiere per del equipaggiamento; tra le altre mi scrive dei suoi programmi per il 2020, elencandomi (fortunato lui) tutta una serie di viaggi che io verosimilmente non potrei effettuare nemmeno in 5 anni: Carrettera Australe, Via della seta, Cammino della Plata e “per cominciare mi fa vado a fare il Fuerteventura Trail a Febbraio, siamo per ora in pochi lo organizza Alvise Cedolini”.
Fuerteventura ?! Effettivamente non sapevo nulla di Fuerteventura salvo che fosse un’isola dell’arcipelago delle Canarie, mentre siamo in chat faccio una rapida ricerca con Google e una frase mi colpisce : “Fuerteventura: il Deserto al centro dell’Oceano!” … non ci penso su più di tanto (a che serve?!), la data 8 febbraio è buona, il prezzo € 330,00 euro con 3 giorni di Hotel mezza pensione di livello, iscrizione, transfer, assicurazione e pacco gara, considerando eventi che per € 200,00 euro oggi ti danno si e no una traccia, prenoto il volo veramente Low Cost e mando l’acconto nel giro di 10 minuti (mannaggia a Pay Pal).
Passano velocemente i mesi e ci siamo, sono indeciso con quale bici partecipare all’evento, sicuramente non ho intenzione di fare il tempo, ma di prendermi tutto quello a disposizione, quindi con arrivo di Sabato, start alla domenica e rientro il Sabato successivo, essendo km. 400,00 per 7.000 metri di D+ mi do il mio tempo in 4/5 giorni con quelli che chiamo gli 80 km della felicità, ossia se si viaggia carichi di acqua cibo, fornello e quant’altro, si vuole dare un senso alla pedalata, fare due foto e magari prendersi un’ora per visitare qualche luogo, quelli per il mio allenamento sono i Km giusti, avrò poi un giorno di riposo per preparare i bagagli o rivedere luoghi interessanti.
Nelle varie comunicazioni di servizio, Alvise, organizzatore attento e premuroso, che ha percorso tutta la traccia in dicembre, ci consiglia di farlo in MTB meglio se plus data la presenza di molto terreno sabbioso, detto questo come solito esagero e pur possedendo una trail Plus decido per la mia FAT Boy azzurra, con manubrio Moloko e ruote da 4.0, due borracce da 1,5 Litri, borsa sotto sella da 10 litri per: tarp, materassino e qualche vestito; borsa da Manubrio per: sacco a pelo, asciugamani e softshell, buddy e borsa a triangolo Miss Grape su misura che spero il Nure mi consegni (la consegnerà !) li alla partenza per il resto: ricambi, camera d’aria e cibo che vedrò al momento.
La partenza
Arriviamo a Fuerteventura in 3 (Io, Diego che finalmente conosco dal vivo e Christian) dei 28 partecipanti, (l’evento dato lo spazio sui veivoli per le bici molto limitato è a numero chiuso) con volo da Bologna, gli altri arriveranno con Voli successivi da Bergamo e Venezia, dal freddo della bassa padana ci catapultiamo nella primavera senza fine di Fuerteventura, quindi immediatamente via i maglioni e tutti in T-Shirt, l’organizzazione è impeccabile un Bus ci porta dall’aereoporto a Cala de Fuste presso il resort “Barcelò Castillo Bech Resort”, un complesso moderno, fatto di villette bianche con giardini di piante grasse, palmeti e lapilli lavici.
La giornata è dedicata al montaggio delle bici, un pranzo veloce a Casa di Diego e Stelio con un piatto di pasta al tonno, pomeriggio passato a rifornirci per il viaggio e poi cena a buffet apprezzando un’ottima cucina internazionale adatta a tutti i palati; segue il briefing con consegna del ricco pacco gara: multitool, asciugamano, integratori + Watt e una maglietta by Pasol.
Giorno 1
Alle 8.30 ora locale siamo tutti a Puna del Bajo dove è prevista la partenza, vicino a un coreografico Fortino che sembra uscito dal film Pirati dei Caraibi, dopo i convenevoli di rito con un celo ombrato tipico dell’isola nelle prime ore del giorno, ognuno con la propria cadenza, chi da solo, chi con il proprio compagno/i di avventura si parte per il Trail che ci porterà con più di 400 km ad effettuare il periplo dell’isola con varie incursioni all’interno, dove, data la conformazione geografica, ci troveremo a pedalare tra rocce e valli desertiche potendo ammirare su ogni altura l’oceano alla nostra destra e sinistra.
I primi km del Trail li percorro da solo lungo una comoda ciclabile prima e su comodo ripio poco dopo, costeggiando la costa da Cala de Fuste sino al Porto del Rosario, dove faccio una prima sosta per rifornirmi di acqua; fin li siamo tutti abbastanza raggruppati a parte i primi 3 arrivati che finiranno il trail tra le 33 e le 40 ore, dal Porto del Rosario la traccia si porta verso l’interno, lasciamo quindi per la prima volta la Fuerteventura artificiale dei resort per fare la conoscenza del territorio brullo e inospitale delle zone interne, proseguiamo per qualche km, per poi tornare di nuovo verso le spiagge laviche e toccare El Jablito: un piccolo porto di pescatori fatto di case mobili e alcune piccole e caratteristiche costruzioni: sembra di essere catapultati in una qualche Caletta della Bassa California.
Da El Jablito la traccia vira verso ovest in una zona disabitata e desertica, in pochi chilometri siamo lontani da strade spiagge e persone, eccoci, solo noi e una lunga strada sterrata con i suoi wash board che fanno sobbalzare le bici, le borse e nostri sederi sulla sella e questo da li in poi sarà una costante.
Continuo con lo sguardo rapito e ogni tanto mi fermo per fare riprese, e in pochi minuti ho perso Michele, Luca e Francesco R. con cui avevo intenzione di proseguire il trail, ad ogni modo sono in compagnia di Stelio e Diego, insieme affrontiamo una delle parti più ostiche del tracciato le Dune di sabbia del Parque Natural del Corralejo: 7 km di deserto vero e proprio con sabbia bianca finissima che riesco a pedalare al 90% grazie alla mia fat, mentre vedo Diego e Stelio spingere come probabilmente avevano fatto anche coloro che mi avevano preceduto da quanto vedo guardando le impronte a terra.
In poco tempo perdo Stelio e Diego, forzo avanti per raggiungere Luca e Michele o magari Francesco; dopo non poca fatica esco dal deserto, trovo un piccolo market dove faccio il pieno d’acqua e via veloce verso Corralejo, contatto Luca e Michele che con sorpresa erano lungi dall’essere avanti me…. si erano fermati prima del deserto a fare pranzo, ma in parte lo avevo intuito da una foto in ciabatte bordo piscina già postata nel gruppo Whatsapp; faccio una lunga sosta aspettandoli invano, mangio un buonissimo Hamburger che pago solo 2,5 euro e proseguo, l’obiettivo del giorno è El Cotillo non lontanissimo se si proseguisse lungo mare tuttavia la traccia prevede una deviazione all’interno alla Bocca del Volcan Calderno Hondo dove arrivo al tramonto e di cui raggiungo la caldera dopo un pò di trekking; nei pressi incontro Nicoletta e Antonello.
Foto al Volo e via passando per Lajares, centro di piccole dimensioni molto frequentato dai surfisti, mi dirigo, pedalando con forza contro vento, lungo una rettilineo asfaltato e in discesa, dritto verso Majanicho altro Villaggio Resort, che supero velocemente.
Qui faccio un grosso errore sbaglio traccia prendendo una strada parallela senza sbocco, finisco in un campo di lava che mi costringe a 500 metri di portage impegnativo per riportarmi in traccia in mezzo ad una caldera di lapilli lavici, crateri e rocce taglienti dove cadere al tramonto non sarebbe stato il massimo.
Con un pò di pazienza e colloqui a tu per tu con varie divinità ritrovo la traccia, la litoranea che passando per il faro del Toston mi conduce al Cotillo; arrivo in traccia che è quasi notte, ho lasciato indietro Michele e Luca, mentre Francesco dall’ultimo contatto dovrebbe essere oltre, inizio a pensare di passare la notte vicino a qualche camper di Surfisti che vedo spuntare dal buio come funghi all’accendersi delle prime lampade, trovato un riparo dove penso di accamparmi rimetto il cellulare in modalità dati per avvertire casa, quando subito arriva il messaggio di Francesco che pare aver trovato un’alloggio per soli 20 euro e mi sta aspettando, non ci penso un attimo rimetto a posto sacco e materassino e riparto con il favore del buio verso El Cotillo fortunatamente la strada è comoda per quanto comodi siano, sabbia, ripido e washborad; la mia fat sobbalza data la velocità idem la luce (che dovrò risistemare) ma procedo, purtroppo l’ora tarda e il buio mi impediscono di vedere il Faro di Tostòn se non come un marinaio, con la sua luce che mi guida nel buio, arrivo che sono le 9 di sera a El Cotillo, trovo Francesco che mi aveva atteso e trovato un alloggio presso un trilobate che mi dice appartenere ad una Cameriera che non vedremo mai a cui lasceremo chiavi e soldi sul tavolo la mattina successiva.
A El Cotillo arrivano più o meno tutti anche Luca e Michele che ospitiamo presso la nostra “KKK house”, dove dormiremo dividendoci un letto a castello e un matrimoniale che sicuramente non passerebbero la minima ispezione ASL.

Giorno 2
Il giorno due è il giorno della svolta, infatti dalla modalità Trail blanda del giorno 1 siamo passati alla modalità roadtrip, nonostante le intenzioni fossero:” facciamo 40 km poi sosta”, dopo 5 km siamo fermi a guardare le onde del mare e i surfisti che aspettano il momento giusto per gettarsi nei tubi celesti di quella parte di costa.
Proseguiamo di buona lena portandoci verso il centro dell’Isola sino ad arrivare a La Oliva, piccolo centro rurale dove facciamo colazione, rifornimento, due chiacchiere e foto di rito, si prosegue per l’interno sempre su sterrato fino al grazioso centro della Caldereta, poi di nuovo attraverso una valle che ci ricorda il Marocco arriviamo al tipico villaggio di Vallbron, con le sue case bianche muretti e giardini colmi di Fichi d’India: è bellissimo attraversare questi paesaggi desertici e arrivare in questi piccoli villaggi colorati dove è possibile ammirare la vegetazione assente in ogni dove qui invece rigogliosa grazie agli onnipresenti impianti di irrigazione ad acqua dissalata, (Fuerteventura ha una quantità di precipitazioni pari a quella del Marocco Meridionale e non ci sono sorgenti solo sporadici acquazzoni che creano vere e proprie alluvioni 2/3 giorni ogni anno, ci sono residui di vecchi pozzi ma l’acqua ad uso domestico è tutta ricavata dai dissalatori).
A Vallebron ci ricongiungiamo con gran parte del Gruppo e tutti insieme raggiungiamo il mirador del Passo della Capra da dove possiamo ammirare all’orizzonte in fondo alla valle Tindya e l’oceano.
Raggiungiamo Tindaya percorrendo velocissimi una discesa asfaltata a picco verso il mare, proseguiamo poi fino a Tefia per un bellissimo percorso tutto fuori strada e siamo in gruppo fino a Llanos del Conception dove facciamo un deviazione per pranzo sino a Valle de Santa Ines, mettendo qualche centinaio di metri in più sotto i pedali rispetto al previsto.
Da li in poi, essendo le quattro di pomeriggio, si deve decidere: raggiungere il prossimo centro abitato ossia Pajara potrebbe non essere semplice, ma decidiamo di proseguire: sono 30 km di strada costiera fatta di saliscendi ripidissimi dal fondo difficile che affrontiamo al tramonto, la luce è fantastica, superiamo le ultime rampe lunghissime e ripidissime a spinta quando ormai è buio tanto da arrivare a destinazione a notte fonda verso le 9 di sera. (siamo ai tropici di solito le ore di luce e buio si equivalgono n.d.r.).
A Pajare possiamo contare sull’ospitalità del Bar Ristoro (l’unico del paese) Guayarmina, li mangiamo una buonissima pizza cotta a legna (ma surgelata) ed assistiamo ad un fantastico dialogo tra Cynitia la splendida ragazza di servizio e il Nure, in un velocissimo Spagnolo vs Italiano che rimpiango di non aver ripreso con la mia videocamera.
Al di là di tutto passiamo la notte nel campeggio improvvisato nel portico del locale, dove dormiamo relativamente bene sino alle 5 del mattino quando arrivano gli operai, che ci guardano perplessi, per fare colazione.
Giorno 3
Al Gruppo Vacanze la sera precedente si sono aggiunti altri due membri che faranno presenza fissa fino all’arrivo, la simpatica Sabrina e il suo amico Francesco: la partenza è di buon ora e ci sono tutti i presupposti per una giornata da veri atleti, affrontiamo rapidi una valle desertica spettacolare, tra, campi arati a quale fine non capisco, vecchi pozzi e piccole oasi, finendo per inerpicarci sino alla cima coppi del giro Il Mirador Astronomico de Sicambue dopo tortuosi e ripidi tornanti su strada asfaltata che ci fanno sudare non poco.
Inutile dire che lo spettacolo in cima è assolutamente da lasciare senza fiato, vediamo in lontananza la prossima tappa ossia l’isolata città di La Pared, poco più di un grosso centro vacanze tra le montagne e i 10 km di dune di sabbia che segnano l’inizio della Penisola di Jandia.
La discesa verso La Paret è veloce e arriviamo anche di buon ora, per oggi non sembriamo proprio un gruppo vacanze, ma ovviamente appena ci accorgiamo che le cose si stavano facendo serie rinsaviamo e perdiamo 2 ore a “cazzeggiare” senza motivo nei pressi dell’unico Market per attraversare, giustamente, il deserto nelle ore più calde come consigliato da tutte le migliori guide turistiche locali.
Alle 14 circa, con il favore di un sole rovente e vento contrario, attraversiamo le dune di sabbia della Penisola, 10 km in cui soltanto la mia fat e la 29plus del Nure riescono a procedere speditamente, mentre il resto del gruppo è costretto a procedere cercando linee pedalabili e per lo più spingendo. Al di là di tutto pedalare in questa sabbia bianca finissima formata da migliaia di conchiglie frantumate è un’emozione unica, il tutto attorniati dall’azzurro del mare a destra e sinistra che si confonde con quello del cielo mentre il vento sferza la sabbia mulinandola ovunque.
Verso le 16 usciamo dalla sabbie, spediti seguiamo un Canyon fino alla Palaya de Sotavento paradiso del Kyte Surf; fiduciosi di bagnare le nostre gole arse da sabbia e sole con birra e Fanta Lemon rimaniamo delusi, niente bar al centro Kite; risaliamo lenti e scendiamo veloci alcuni saliscendi costieri con pendenze da selezione umana con direzione Morro Jable, dove arriviamo in serata.
Al primo bar sorseggiamo le nostre bevande preferite con ghiaccio e guardandoci negli occhi siamo sicuri: ieri sera era stato bikepacking stasera sarà Holyday, niente notte da barboni. Proseguiamo per Morro Jable, l’unico vero paese che non sembra un accozzaglia di resort, il Nure prende un appartamento con doppi servizi e stanze per tutti, io mi occupo delle provviste, Luca del sugo e Sabrina non in quanto donna, ma in quanto milanese lamentosa, di lavare i piatti; per cena mega spaghettata preparata da Luca e cazzeggio, anche Alvise e Paola, che mano mano ci avevano seguito per il percorso, ormai rassegnati al fatto che dopo i primi tre arrivati con tempi da Iron Man il resto del gruppo aveva optato per le Holydays si uniscono alla cena e inizia a farsi chiara nel gruppo l’idea che nessuno avrebbe dovuto provare a chiudere il giro in 4 giorni ma spremere fino all’ultimo il tracciato prolungando il più possibile l’esperienza.
Giorno 4
Sveglia all’Alba e immediatamente sosta al Bar del porto di circa un’ora, provviste e poi via verso la litoranea, si va giù veloci,( abbiamo il vento favorevole) sino a Punta Pasebre, con escursione al Faro del Puerto de La Cruz, anche qui km di ripio e sabbia lungo la costa ammirando onde di un turchese intenso e la loro schiuma infrangersi e ritarsi dalle scogliere laviche in un misto di luci e ombre e scintille che resta difficile descrivere a parole; li dato il ritmo rilassato faccio un fuori traccia e arrivo sino a Cala della Madera per una ripresa aerea dello strapiombo.
Purtroppo unica nota dolente del viaggio, Durante uno dei mie tanti voli ho un’avaria e perdo il drone in una pozza d’acqua, decido di non farmi il sangue amaro, sto in vacanza mica a fare un trail (fortunatamente il materiale video è salvo) e proseguo. Anche qui sosta panino e Fanta Lemon (la dodicesima in 4 giorni) prima di affrontare la salita che ci porterà a scavalcare il promontorio che separa Playa del las Cloloradas sino a Playa de Cofete.
La salita è bella ripida, ma la supero velocemente attendo in cima il resto del Gruppo, va detto che è un posto turistico quindi pieno di 4X4 e devo prestare attenzione, dopo il selfie di gruppo, (nel frattempo sono arrivati anche altri partecipanti e il caro Alvise), scendiamo insieme veloci verso l’infinita Playa di Cofete, anche qui lo spettacolo che si propone a chi arriva è assoluto, peccato che ci sia foschia, una lunga lingua di sabbia e onde che si infrangono creando lunghi fazzoletti di spuma che si allungano e ritirano verso la terra come un mantra sono la peculiarità del posto; faccio un salto a Villa Winter una villa che si dice sia stata costruita come possibile rifugio segreto per Hitler durante il secondo conflitto mondiale, tanto era isolata, sicuro é che sia stata un base per i sottomarini e aerei tedeschi un pò meno che esistano dei passaggi segreti che conducano dal mare alla villa con dei tunnel sotterranei, ad ogni conto la Villa non venne mai abitata e la struttura con torretta lascia aperta la leggenda, c’è anche un museo ma non ho tempo di farvi visita.
Ritornato poi verso la Spiaggia recupero il gruppo e saliamo per un irto sentiero che ci costringe a 400m di D+ di portage fino al Mirador di Cofete una sella panoramiche da cui è possibile ammirare la valle di Cofete a Ovest e della Penisola di Jandia a Est.
Scendiamo veloci per un single track fantastico ma abbiamo un contrattempo: Luca riesce a bucare ben 3 volte e perdiamo circa un’ora, arrivati a Morro Jable è ormai notte, secondo le nostre intenzioni avremmo dovuto pernottare in Spiaggia a Costa Calma presso la Casa di Marica, di cui vi parlerò in seguito.
Consci che vacanza o meno c’è da pedalare, senza paura con il favore del buio continuiamo verso Costa calma facendo una delle esperienze più affascinanti del viaggio, pedaliamo da Playa de Esquinoza sino a Costa Calma sotto le stelle, per un tratto senza luci se non quella del bagliore della luna piena che si riflette sull’Oceano.
Arriviamo tardissimo a Casa di Marica a Playa de Jaqueta dove troviamo Alvise addormentato in auto, che viene giustamente svegliato visto che è solo l’una di notte, infatti nel frattempo per non venire meno ai nostri doveri abbiamo fatto chiusura in un bar di Costa Calma.





















Giorno 5
Dopo una notte passata in spiaggia nella piccola corte della Casa di Marica: un alloggio molto spartano, in riva al mare, dove Marica, una ragazza emigrata da anni dall’Italia, vive in totale libertà a contatto con la natura raccogliendo oggetti di ogni tipo che compongono come un’opera d’arte contemporanea in costante aggiornamento il suo giardino di pietra.
Marica ha una storia tutta sua che tocca i nostri cuori, ha un cuore grande che il suo esile corpo non può contenere, spruzza felicità da tutti i pori e nonostante viva con poco ci ha preparato caffé , dolci, provviste ecc…., Alvise ci racconta la sua storia e ripartiamo con la consapevolezza che il tempo è prezioso e vale più di ogni altra cosa possiamo possedere o comprare, d’obbligo il selfie sul suo trono vista mare se passate di qui.
Ormai mancano meno di 60 km all’arrivo, nonostante siamo consapevoli che sia l’ultimo giorno e partiamo con l’idea che il meglio si già stato visto e assaporato, Fuerteventura ci regala un’ultima sorpresa, infatti, dopo aver percorso parte della strada costiera e visitato due stupendi borghi marinari, torniamo verso l’interno trovandoci a passare di nuovo in paesaggi aridi simili al Marocco, finendo poi nel pomeriggio in una valle fuori dal tempo da ricordare con le sue conformazioni rocciose il Grand Canyon, qui rapito dal paesaggio dove faccio decine di scatti, sbaglio strada e perdo il gruppo finendo in una valle parallela a quella che mi avrebbe dovuto condurre a Pozzo Negro, il fuori traccia è di circa 20 km non facili, ma non importa ammiro pareti laviche dai riflessi colo rame, attraverso un canyon di lava e finisco in una spiaggia dove sono l’unico essere umano.
Il tempo è tiranno sono quasi senza acqua e fa caldo, ne chiedo un pò a dei turisti che incontro in 4X4 lungo la strada, ritorno indietro e appena ho campo chiamo i miei compagni preoccupati e ormai quasi alla meta.
Finisco il giro con una piccola sosta a Pozzo Negro un piccolo porto a 10 km dall’arrivo che dovrò guadagnarmi con quasi 400 metri di dislivello sulla litoranea di saliscendi al 20% che segue la linea delle insenature che separano questo Borgo a Cala de Fuste.
E’ il tramonto siamo quasi tutti arrivati, anche i miei 6 compagni d’avventura che mi avevano atteso a 500 metri dall’arrivo in birreria, per qualche minuto mi fermo e mi siedo sulla spiaggia dorata a respirare e a guardare il panorama, non ha più senso indugiare oltre ultimi metri e vedo l’arrivo, dove Luca, Francesco R., Francesco B, Sabrina e Michele sono in agguato, è tempo di farsi una foto, un abbraccio e di farsi una doccia e inviare a progettare una nuova avventura…
Il Fuerteventura Trail
Il Fuerteventura Trail è un tracciato di 400 km e oltre 7.000 metri di D+, ben studiato e mai banale, che vi porterà a vedere ogni punto saliente dell’isola: dai piccoli borghi che vivono di pesca e pastorizia, con un’architettura ancora caratteristica e ritmi di vita immutati, passando per i centri più conosciuti e rinomati della costa pieni di negozi, ristoranti e anonimi Resort con il loro stile kitsch che tanto piace ai turisti inglesi e tedeschi che vanno per la maggiore.
Ad ogni buon conto il tempo che si passa in questi luoghi ameni seguendo la traccia è veramente limitato, per un 90% del tempo si pedala tra strade costiere, sempre sterrate, perduti in valli desertiche che potrebbero farti pensare di essere in Marocco, Arizona o Sahara e tutto nel giro di pochi km… i tratti asfaltati sono veramente pochissimi.
DIFFICOLTA’
Al dilà del racconto, occorre fare attenzione il territorio è vario, ci sono almeno 20 km da fare a spinta e anche più se non si è allenati o non si ha una bici adeguata.
Ci sono tratti di vero e proprio portage, sentieri tecnici, ma niente di impossibile.
Climaticamente, non fa mai troppo caldo ne troppo freddo, consigliata comunque tanta acqua, da comprare perché non esistono fontane, crema solare da mettere per le ore centrali e scarpe comode per i tratti a spinta altrimenti si rischia il ritiro.
QUALE BICI USARE
E’ un trail da poter affrontare in velocità come hanno fatto i primi tre arrivati in 33/40 ore e poco più, (che fidatevi per la complessità e varietà del fondo per almeno 20/30 km da fare a spinta se non si è muniti di ruote PLUS o FAT, è un tempo da recordman), oppure in totale calma in 5 giorni come il sottoscritto, potendo assaporare al massimo la “way of life” dell’isola, lontana dai ritmi serrati ed esagerati del bel paese anche per chi come me vive in provincia; per quanto attiene alla bici migliore per affrontare il terreno consiglierei una bici plus o fat, mentre se vorrete andare veloci il frontino da 29 o una monster cross sono da preferire, ma caricatele con il minimo perché dovrete spingere tanto e non avrete poi tanti tratti veloci per recuperare.
RAPPORTO ORGANIZZAZIONE & UNSUPPORTED
Tutto impeccabile per essere l’edizione 0: Alvise ha fatto di tutto per essere presente all’arrivo di ogni singolo partecipante, per fotografare almeno una volta tutti e il resort era “oltre”, i servizi a supporto precisi; però occhio nel clou del giro non è mancato “l’Unsupported” vi è ad esempio una sezione di circa 30 km ( In Italia non vi è luogo tanto isolato e distante da un centro abitato o rifugio) in cui effettivamente ho avuto l’occasione di sentirmi nel c.d. Wilderness, spingendo 25 kg di bici per rampe assurde, avere modo di fermarmi un momento con gli amici spegnere le luci e ammirare la via lattea a occhio nudo e assaporare quei momenti in cui se anche sei stanco andare avanti con tutte le forze è l’unica soluzione per uscirne.