Tre amici, 500 km in 4×4, 1500 km in bici e 60 km di trekking sulle strade e i sentieri della Patagonia argentina e cilena.
Testo di Giuseppe Gaimari e foto di Gabriele Debetto.
15 gennaio 2018
Sono le 9:00 di mattina del 14/01/2017 e noi siamo sul molo di Raul Marin Balmaceda, pieni di energia e di aspettative, per quello che nel nostro immaginario sarà una delle esperienze più spettacolari del viaggio: l’avvicinamento alle balenottere azzurre su una barca di pescatori locali.
La traversata in traghetto dura 5 ore, solcando le acque del Golfo di Corcovado, arrivando al villaggio di pescatori di Melinka sull’isola di Ascención. Durante la navigazione, Gabri inizia a
lavorare sulle foto e sui video fatti fino a quel momento, tra un caffè un panino ed una foto al panorama, le ore iniziano a trascorrere.
Finalmente arriviamo a Melinka, subito andiamo a fare i biglietti di ritorno, alle 3 di notte abbiamo il traghetto. Intanto ci dirigiamo all’unico ostello presente, per lasciare le bici, farci una doccia e posare le nostre cose in una camera, dove ci saremmo riposati fino al momento di prendere il traghetto di ritorno. L’ostello in questione è veramente ad un passo dall’attracco, ci sistemiamo nelle nostre stanze (una doppia e una singola) e subito chiediamo al gestore di trovarci una imbarcazione per andare a vedere le balene. Da quel momento inizia a fare una serie di telefonate per trovare
l’imbarcazione. L’ho trovata aspettate qui tra circa 30 minuti arriverà il proprietario. Ci dice già il prezzo, cambiando versione più volte. La cosa non ci convince, dopo più di una ora del barcaiolo
nemmeno l’ombra. Iniziamo a spazientirci, chiediamo spiegazioni, ma niente non riesce ad essere chiaro, nel frattempo andiamo a fare la spesa per il giorno seguente, visto che avremo dovuto
affrontare la prima di tappa in bici: 121km 1200metri di dislivello in salita. Al nostro ritorno in ostello, il gestore ci dice che al prezzo pattuito non riesce a trovare nessuno. Dico io non ce lo
potevi dire prima?! Il pensiero comune è che lui faccia da intermediario tra i pescatori ed i turisti e che nel prezzo che ti propone ci sia la sua percentuale. Non essendo con noi riuscito ad accordarsi
per un prezzo che comprendesse tale percentuale, ha fatto saltare l’accordo, dicendoci di andare al molo per parlare direttamente con i pescatori. Così facciamo e in un attimo abbiamo l’accordo. Due ore per una cifra intorno alle 80€.

E’ proprio come me lo ero immaginato, barca di pescatori locali (una bagnarola molto folcloristica) ,
l’equipaggio composto dalla famiglia: padre ai comandi, due figli e amichetto del figlio più piccolo.
Salpiamo pieni di speranza, visto che anche a bordo ci dicono che la possibilità di vederle è molto
alta e che addirittura possono arrivare fin sotto all’imbarcazione. Quindi macchina fotografica in
mano, go pro pronta all’uso e occhi spalancati. Il paesaggio è fantastico, stiamo navigando nelle
acque descritte magistralmente da Luis Sepulveda nei suoi romanzi. Queste acque sono inoltre
solcate dalla Caleuche,,una nave fantasma che di notte naviga senza meta. Alcuni dicono che si
tratti addirittura dell’Olandese Volante. Ma menomale siamo di giorno quindi il pericolo di essere
attaccati da una nave pirata fantasma non c’è.
Ma man mano che continuiamo la nostra esplorazione del golfo di Corcovado, spingendoci anche
oltre, inizia a insinuarsi un altro pericolo: Le balene oggi potrebbero essere timide e non affiorare in
superficie per farsi ammirare. Ci dicono di non distogliere mai lo sguardo dal mare, il famoso soffio
delle balene può raggiungere anche i 9 metri di altezza. Così facciano per più di 2 ore ma niente
da fare, Il figlio del pescatore prova a consolarci coinvolgendoci nella pesca. Ma ormai la
delusione, la stanchezza e la noia hanno preso il sopravvento. Rientriamo al porticciolo, paghiamo
quanto pattuito e con il capo chino, ci avviamo verso l’ostello.
Ceniamo, (pollo, verdure, riso, birra) e ci avviamo verso le nostre camere. Domattina, anzi
stanotte, la svegli suonerà molto presto: 2:30 am. Ci svegliamo e il solo pensiero del programma di
oggi, mi fa gelare il sangue. Traghetto alle 3.15 am Melinka-Raul Marin Balmaceda., e 120km di
bici per raggiungere Quelat, punto di partenza del trekking per il “mirador” al Ventisquero Colgante
Il traghetto ovviamente è in ritardo,di più di un’ora. Tra una cosa e l’altra iniziamo a pedalare quasi
alle 11, troppo tardi. Ma è anche la prima tappa i bici del nostro viaggio, quindi l’energia e
l’entusiasmo sono al top.
Si parte agganciamo i nostri scarponcini da bici ai nostri attacchi speed e partiamo. Diamo la prima
pedalata tutti e tre insieme. L’avventura in bici è ufficialmente iniziata. 50 metri ed ecco la prima
caduta, Gabri entra con la ruota davanti in un mucchietto di sabbia smossa in una curva verso
sinistra, risultato la ruota davanti gli si chiude, catapultandolo in terra. Tante risate e ovviamente
niente di grave. I primi 70km scorrono abbastanza velocemente, anche se il “ripio” nella prima
parte non è dei migliori. Per chi non lo sapesse il Ripio è una strada non asfaltata con pietrisco. Lo
sterrato sta per finire e inizia la vera Carretera Austral (Ruta 7), la imbocchiamo in direzione sud,
pedaliamo per pochi km e arriviamo a la Junta, un grazioso paese, o forse sarebbe meglio dire
villaggio, teatro nei mesi addietro di fantasie goliardiche da parte mia e di Jody, come se la Junta
fosse stata per i 10 mesi di allenamento pre viaggio il centro di tutta l’avventura. Un gelato e una
coca-cola non ce le leva nessuno. Ragazzi andiamo è tardi e c’è ancora tanta strada da fare. Gabri
sull’asfalto è rinato, la schiena gli da meno fastidio e il profilo delle sue gomme da 26/2.0 (26 di
diametro e 2 pollici di larghezza) è più adatto a percorsi poco movimentati, quindi sull’asfalto vanno
sicuramente meglio che non sul ripio
La Junta stiamo arrivando alla Junta, protagonista dei nostri sogni in fase di progettazione viaggi,
sembrava che fosse il fulcro del viaggio, sapete io e Jody dicevamo sempre: a la Junta facciamo
questo, a la Junta facciamo quest’altro come una sorta di gioco. Ed ora che ci stiamo d’davvero ce
la godiamo tutta. Infatti gelato e coca cola, quindi grassi, zuccheri e caffeina, che se brucati non
fanno mai male. Gabri nel frattempo scatta delle foto stupende alla figlia del gestore, ha veramente
degli occhi stupendi. Riprendiamo mancano solo altri 50km, asfalto asfalto fammi scorrere queste
routone che poverine devono sopportare tutto il peso dei mie bagagli. Ma purtroppo sembra che
l’asfalto non sia incline ad accogliere la mia richiesta, che faticaaaa!! Inizia a fare buio mancano
10km e iniziano a venirmi dei dolori impressionanti ai quadricipiti, stringo i denti devi arrivare in
fondo. Sono orma le 9:30 passate quando entriamo con il buio a Puyuhuapi. Fortunatamente
troviamo subito un ostello a poco, con cucina dove possiamo cucinare. In camera, per recuperare,
prendiamo recovery drink inkospor, proteine inkospor e una aspirina. Doccia veloce e subito a
cena. Cerchiamo un ristorante ma niente, l’unica cosa di aperto è un baracchino di strada con
alcune panche per sedersi, che serve pizze pre pronte, preparate al microonde. Talmente è la
fame che le 2 pizze e mezzo a testa che mangiamo sembrano buonissime. Accanto a noi un tavolo
di Israeliani, jody che è di religione ebraica, inizia a interagire con loro, parlando del più e del
meno. Io sono totalmente assente ho sonno e vorrei dormire, poco dopo ci alziamo e camminando
torniamo all’ostello. Streatching per la schiena e via a letto, domani ci aspetta il trekking del
Ventisquero Colgante. Io e Gabri che siamo in camera insieme prediamo un’altra aspirina impacchi
di ghiaccio alle gambe.Buonanotte Gabri oggi grande prova
17 gennaio 2018
Oggi è il giorno del passo che ci condurrà al bosque encantado. La parola giusta per questa
giornata è: Tosta. E la frase da ripetere come un mantra è: Non mollare.

La mattina dopo una colazione paurosa per quantità e calorie ingurgitate, andiamo alla ricerca di
un passaggio saltare i primi 20 km di strada piedi di lavori e continue interruzioni. Lo troviamo,
montiamo le bici sul furgone di un operaio che andava proprio verso quei cantieri.
Anziché 20 km, il passaggio diventa di 25km e in una tappa del genere 5km possono fare la
differenza. Scendiamo dal furgone scarichiamo le bici e io pronti via mi infilo in una di quelle
strutture blu, coin porta bianca sul ciglio delle strade quando ci sono dei lavori in corso. Per dirla in
parole povere, vado a fare i miei bisogni nel bagno mobile, di un cantiere sperduto nel sud del Cile.
Ok ora possiamo iniziare a pedalare. I primi km sono in piano costeggiando il fiordo Puyuhuapi. Ma
è la classica quite prima della tempesta. Siamo ormai in prossimità della salita, la strada diventa
sterrata, il tempo sta peggiorando. Scalo tutte le marce e capisco subito che il cambio rimarrà in
quella posizione fino alla fine della salita. Inizia a piovere ma fa anche caldo, umido molto umido. Il
ritmo è lento, la pedalata pesante, le gomme della mia bici, non sono assolutamente adatte a
questa salita, ma non importa non voglio scendere, cerco di concentrarmi su altro.
Improvvisamente un omino in lontananza, la strada sembra spianare, forse ci siamo ecco il passo.
Dalla contentezza ci abbracciamo. Chiediamo informazioni al tipo, se si siamo in cima alla salita, la
risposta è affermativa, esultiamo ci abbracciamo. Improvvisamente tutti i dolori spariscono Il
peggio è passato. Contenti dell’impresa mangiamo due panini sotto la pioggia e ci rimettiamo in
marcia. Subito ci rendiamo conto che, si il peggio è passato, ma non la salita non è totalmente
finita. La pioggia si intensifica e man mano che arriviamo al vero passo, anche il vento diventa più
forte. Eccoci finalmente in cima alla salita, questa volta stiamo davvero pedalando sul passo. Ci
fermiamo per qualche foto artistica. Improvvisamente la mia bici cade e il gps sbatte in terra, da
quel momento l’umidità inizia ad entrare sotto il vetro, andando a bloccare completamente il touch
screen. Risultato non posso più usare il gps. Nel frattempo vediamo passare un ciclista in solitaria,
completamente bagnato, noto che ha un buon passo, lo salutiamo e lui contraccambia, ma non si
ferma tira dritto.
Rimontiamo in sella, inizia il falso piano in discesa, stiamo passando accanto al bosuqe
encantado. Infatti intravedo l’entrata del sentiero per gli escursionisti che si avventurano all’interno
del bosco. Che voglia vorrei andare anche io, un momento sono su una bici, sto attraversando la
carretera austral, ho appena compiuto una impresa sportiva e sto per divertirmi come un matto in
discesa…ci ripenso non voglio andare nel bosco, voglio fare quello che sto facendo. Prima di
puntare i miei occhi definitivamente verso la discesa, intravedo un overland truck gemellato
enorme, in sosta proprio nel parcheggio all’imbocco del sentiero. È di colore giallo, guardo meglio
ed è quello della Tucano viaggi, veramente bello penso.
Ora però via a tutta birra in discesa, piove tantissimo, ci lanciamo il panorama è stupendo
l’atmosfera è unica direi magica. Ho una adrenalina pazzesca, mi sento bene in pace con me
stesso. Arriviamo ad una curva a gomito cin ampio spazio per parcheggiare e godere del
panorama, ed incontrino un camerista tedesco. Un pazzo che stava viaggiando da solo con il
camper da Sud a Nord del Cile. Scambiamo battute e impressioni, ovviamente ci facciamo una
foto tutti insieme e via. La pioggia sembra seguire l’andamento della nostra altimetria. In salita
pioggia battente, verso la pianura sereno. Eccoci a pedalare in pianura, il sole inizia a scaldare sul
serio. Ci fermiamo, ci spogliamo, rimaniamo a torso nudo per fare asciugare i vestiti. Mi levo anche
le scarpe ed i calzini, il sole picchia forte ed io mi sento una lucertola al sole. La tappa è ancora
lunga e non sappiamo che ci aspetta una ultima faticosa salita prima dell’arrivo a Villa Amengual.
Siamo abbastanza in forma, io mi sento bene. Iniziamo la salita che ci porterà a destinazione. E’
veramente lunga, ma ormai abbiamo il pilota automatico. Mancano 3 km e incontriamo un gruppo
di ciclisti, uno dei quali è un signore di quasi 70 anni che proviene dalla Garfagnana. Un toscanccio
come noi. Una parola tira l’altra e in lontananza vedo il cartello Villa Amengual. Siamo arrivati una
tappa da 90 km e quasi 2000metri di dislivello in salita. Sono le 8 di sera e ancora il sole alto, che
bellezza.
Il villaggio è un paesino di montagna con pochissime case e quindi pochissimi alloggi, ma
circondato da una natura stupefacente. Siamo fortunati troviamo posto all’ostello “El Indio”, una
topaia gestita da figlia e padre burbero con tratti da indio. L’alloggio comunque è in pino stile
avventura e quindi in linea con le nostre aspettative. E poi avere un letto è un lusso.
La routine è sempre la solita, divisione delle camere, io stanotte dormo da solo, integratori, doccia
e a cena. Per cena andiamo nell’altro alloggio del paese, dove fanno anche ristorante. La cena è
squisita, ma i litri di birra che tracanniamo sono come il nettari degli dei. A tavola la stanchezza si
fa sentire, ma anche la fame e quindi porzioni triple. Tornati nei nostri alloggi crolliamo nelle nostre
brande. Visto l’assenza di riscaldamento nella mia camera, mi copro con tre coperte molto spesse
e la notte trascorre via liscia, senza problemi di temperatura, consapevole che domani sarà la
tappa più facile di tutto il viaggio
18 gennaio 2018
Dopo una notte al freddo nell’ostello “El Indio” en villa Amengual, partiamo, per fortuna in
discesa, in direzione di Villa Mañihuales. La nostra pedalata è rilassata poiché sappiamo, che la
tappa di oggi è forse la meno dura del viaggio.
Il paesaggio inizia a modificarsi, le valli iniziano ad allargarsi e spuntano le fattorie circondati da
grandi prati verdi.
La strada è ancora asfaltata in leggera discesa, cosa che ci permette dir raggiungere villa
Mañihuales per l’ora di pranzo.
Ci sentiamo bene e quindi, tutti insieme, decidiamo di pranzare e continuare, senza darci una meta
precisa, ma calcolando di iniziare a trovare un posto dove mettere la tenda intorno alle 7:30 di
sera., in modo da avvicinarsi il più possibile a Coyahique.
Visto questa decisione, ci concediamo un pranzo in una graziosa tavola calda. IL menù è
composto da: Tapas, minestrone con riso verdure lesse e manzo. Oltre all’immancabile birra.
Ripartiamo carichi a molla per percorrere più Km possibili in direzione di Coyahique.
La carrettiera Austral continuerebbe diritto verso il capoluogo della regione di Aysen, mentre noi
imbocchiamo un deviazione, più panoramica, costeggiando il fiume Mañihuales. Appena scattate
le 7:30 iniziamo a guardarci intorno, e trovare un posto dove dormire. In lontananza scorgiamo un
campo con una casa e delle persone.Gabriele, che di noi è quello, con il viso più angelico, va a
chiedere ospitalità.
Con stupore la famiglia non solo ci lascia dormire nella loro casetta, ma ci invita nella loro casa di
Coyahique il giorno seguente. Jorge, così si chiama il capo famiglia, inizia a tirare fuori birre e vino,
lasciandole sul tavolo nel caso ne avessimo avuto bisogno. Mentre io e Jody parliamo con lui,
Gabriele stava scattando delle foto alla figlia Tamara e al suo piccoletto di nome Augustin, che di
fatto mi dava tanto l’idea di trovarmi di fronte al bambino del film Jerry Maguire. A completare il
quadretto c’è una dolcissima cavalla in cinta, che mentre facciamo stretching si avvicina a Jody
respirandogli nell’orecchio, cosa che a dir suo lo ha fatto rilassare ulteriormente. Salutiamo i Saenz
e ci diamo appuntamento a Coyhaique per domani appena finita la nostra ennesima faticata in bici.
Iniziamo a scattare una serie di foto ricordo una più bella dell’altra, ancora increduli della fortuna
che abbiamo avuto.
Prima di cena decidiamo di andare ad immergere le nostre stanche gambe nell’acqua ghiacciata
del fiume sottostante. Quindici minuti di panico e tanto divertimento, spensierati lontano da tutto,
solo noi, la Patagonia e le nostre biciclette.Questo è il pensiero con il quale esausto ma felice mi
sono addormentato.
19 gennaio 2018
Il risveglio è lento, visto che ci aspettano “solo” 70km. A malincuore lasciamo quell’angolo di
paradiso per andare a scovarne altri. Pedaliamo costeggiando il fiume Mañihuales, attraversando
ponti spettacolari con cascate imponenti. Iniziamo a notare fattorie, cavalli, mucche e pecore, che
sono il comune denominatore di questa regione fino al lago General Carrera. La strada è
divertente da pedalare se non fosse per una terrificante, quanto famosa salita di 8 km che ti
conduce alla collina, dalla quale puoi vedere tutto il centro urbano di Coyhaique. Ci fermiamo per
un po’ di foto e straetching, prima di ripartire in discesa verso la città.
Dentro di me penso ok anche oggi è finita è fatta, il tempo di dirlo e davanti a me appare una
ultima salita di 1km, che conduce dritta nel cuore del centro urbano. Proprio in quell’istante esce il
sole, inizio a scaldarmi rapidamente. A metà salta mi devo fermare per levarmi la felpa, troppo
caldo. Praticamente in maglietta e pantaloncini arrivo alla fine della salita che porta su una delle
strade principali, dove immediatamente ci fermiamo al primo pub-bar per una meritata birra di fine
tappa.

Mentre ci riposiamo, sorseggiando 3 birre rosse, chiamiamo i nostri amici per farci venire a
prendere.
Esausti ma felici di vederli, montiamo in macchina, caricando le bici sul loro pick-up. Con Jorge e
sua moglie Luiz c’è anche l’altra figlia Makarena Per una anno a 17 anni ha abitato a Mantova, per
un progetto di scambio culturale e quindi sfoggia un Italiano quasi perfetto. Arriviamo a casa dei
Saenz, che ci mettono a disposizione, la lavatrice e la doccia. Dopo esserci lavati, Gabri e Jody
vanno in città per fare un regalo di ringraziamento alla famiglia, mentre io rimango a casa a giocare
con il bambino e lavorare in po’ al computer.
I ragazzi tornano con delle magnifiche foto della loro famiglia scattate da Gabriele ieri, sviluppate
e incorniciate
Per cena la signora ci ha preparato, carne con vedere, ottimo piatto per recuperare dalle fatiche.
Ovviamente tra una birra e un buon bicchiere di vino cileno, le risate e gli aneddoti iniziano a
prenderne il sopravvento, fino a quando la stanchezza arriva inesorabile.
Dopo aver salutato la signora il piccolino e le due sorelle, e naturalmente Jorge, ci dirigiamo al
piano di spora dove ad aspettarci c’è un letto matrimoniale e un materassino. Io e Gabri nel
lettone, Jody sul materassino e buonanotte a tutti.
20 gennaio 2018
Oggi sveglia di buon ora, ci aspettano 90km e 1400metri di dislivello con arrivo a Villa Cerro
Castillo. In tutti i viaggi dove la fatica è una costante e dove la stanchezza può prendere il
sopravvento e qualche discussione può venire fuori. E così alle 7 di mattina io e Jody iniziamo a
litigare per una stupidaggine sui carichi delle bici. Dopo questa scaramuccia iniziamo a pedalare
su asfalto, i primi km sono in leggero falsopiano, attraversano campi con i simpatici animali da
fattoria Mucche, cavalli e pecore che ci fanno compagnia Km dopo Km. Sappiamo bene che la
parte più faticosa sarà nella seconda metà della giornata, quindi cerchiamo di preservare le
energie.
Dopo una 40 di km incontriamo Martin, il ragazzo tedesco che avevamo intravisto per la prima
volta sotto l’acqua sul passo di montagna tra Puyuhuapi e Villa Amengual, dove tra l’altro il touch
del mio gps aveva smesso di funzionare, causa troppa acqua.Iniziamo a pedalare insieme e a
raccontarci le nostre storie. Anche lui oggi ha intenzione di arrivare a Villa Cerro Castillo, quindi
almeno per oggi il gruppo è composto da 4 persone. In cima alla salita, che porta all’entrata del
Parco Naturale Cerro Castillo, Gabriele rompe il cambio, Con Jody decidono di fare l’autostop,per
tornare a Coyaique per cercare una “Tienda” di biciclette per sostituire il cambio, prendere un taxi
per ritornare al punti dove hanno lasciato la bici di Jody e tutte le borse, per poi raggiungerci in
tarda serata (notte) a Cerro Castillo. Nel frattempo io e Martin continuiamo, la strada, che all’inizio
sembra in discesa, ma purtroppo inizia un falsopiano con vento contrario che ci farà sprecare
molte energie. I panorami sono mozzafiato, ma il vento è davvero insopportabile. Tra una pedalata
e l’altra arriviamo al famoso serpentone (punto panoramico sulla valle del Pueblo di Cerro Castillo),
dove Gabriele nella sua mente aveva immaginato di scattare un certo tipo di foto, che causa di
forza maggiore non ha potuto fare. Il tempo inizia a peggiorare, la pioggia diventa sempre più
intensa, ma menomale gli ultimi 10km sono tutti in discesa. Con Martin decidiamo di ritrovarci per
cena nell’unica osteria (o parvenza di tale), dopo aver trovato lui un camping e io una Cabaña o
Hospedaje per 3 persone, in attesa di notizie dai mie compagni di viaggio.Il paese è a dir poco
deprimente come, l’Hospedaje che trovo. Sicuramente sul podio dei posti più brutti dove abbia mai
dormito. Vi dico solo che i gestori bevevano vino rosso con dentro latte in polvere, che all’inizio
sembrava yogurt ai frutti di bosco i letti erano in delle camerate squallide e avevano una forma
collinare, si avete capito bebe collinare. Nel senso che c’erano le gobbe sui materassi
A cena con Martin iniziamo a parlare dei nostri due blog, mentre lui parla dentro di me nasce come
una specie di ammirazione nei suoi confronti, la mia mente continua a ripetermi, questo ragazzo è
veramente in gamba.
Io gli parlo dei miei viaggi e dei mie progetti, lui mi parla dei suoi oltre 20 anni di ciclo turismo in
giro per il mondo. E’ davvero piacevole sentirlo parlare.
Ordiniamo due hamburger con patatine e naturalmente birra. Con mio grande stupore mi arriva un
mega panino, che penso sia la cosa migliore che hanno in quel paese. Il tempo sta ancora
peggiorando e iniziamo a preoccuparci per Jody e Gabriele. Gli scrivo un messaggio con il nome
dell’alloggio (se così si può definire). Mentre sono sdraiato sul letto (ancora vestito ) alle 10:10 PM
vedo entrare in camera i mie compagni, distrutti ma felici per la prova che avevano superato.
Dopo aver ribadito la bruttezza di quel posto e le condizioni a dir poco precarie, ci addormentiamo,
cercando di far riposare i nostri corpi sulle “colline” dei nostri letti.
21 gennaio 2018
Stamattina, oltre alla stanchezza, ci si è messo anche il vento, talmente forte da farci
pensare di desistere. Martin va in avanscoperta. Pochi Km e torna indietro. Impossibile pedalare.
Peccato, o forse no, dipende dai punti di vista. Ora abbiamo davanti a noi due giorni di riposo.
Questo e domani, visto che è prevista dal programma l’escursione Cavernas de Marmol
Contrattiamo per un passaggio verso Puerto Rio Tranquilo. Lo troviamo carichiamo le bici sopra e
partiamo. Visto che la cabina è solo per 3 persone, stiamo tutti a sedere nel cassone dietro,
godendo di un panorama mozzafiato, oltre che riempirci di polvere. Jody sembra Gandalf…con la
barba impolverata. Il Basque Muerto, il Lago General Carerra si parano davanti a noi con tutta la
loro bellezza. Arriviamo al piccolo villaggio di pescatori, per la verità molto turistico, scarichiamo le
bici e andiamo sparati a cercare una cabaña. La troviamo proprio in riva al lago, che meraviglia.
Per due notti dormiremo li, riposando le nostri menti e le nostre gambe. Facciamo la spesa,
cuciniamo e mangiamo nella nostra casetta. Ora cosa manca? a già organizzare l’escursione di
domani in barca. La gestrice delle cabañas ci manda il pescatore proprietario della barchetta, in
poco tempo l’accordo è trovato.

22 gennaio 2018
La mattina ci svegliamo e forti del nostro accordo andiamo all’appuntamento. Montiamo in
barca, facciamo l’escursione, un sacco di foto da tutte le angolazioni. La giornata di riposo è
fondamentale e ci permette di godere di questa meraviglia della natura. Le Cavernas de Marmol
sono veramente spettacolari, una tappa obbligatoria per tutti i viaggiatori sulla Carretera Austral. La
giornata trascorre all’insegna del riposo e
Cucinare, cenare, dormire…

23 gennaio 2018
Via si parte da Puerto rio Tranquilo, tutti in piedi sui pedali. Il ritmo è ottimo mi sento bene, il
profondo sud sta arrivando e io oggi sono particolarmente ispirato. La meta è Cochrane 120 km
più a sud. Saliste immense, paesaggi struggenti e brutto tempo in arrivo. I primi 50km gli passiamo
così. Poi arriva la pioggia, veramente arriva un uragano. Da canto mio io adoro la pioggia bici,
adoro sentirmi completamente bagnato mentre pedalo, ma così è veramente troppo. Nel frattempo
Gabri passo lo zaino che ha sulle spalle a Jody, per scaricare un pochino la schiena. Peccato che
dopo 10 metri dall’avvenuto passaggio è arrivata una serie di salite massacranti che il povero Jody
ha dovuto affrontare con un ulteriore zavorra. La pioggia si intensifica e anche il vento, fa freddo, i
vestiti sono veramente troppo bagnati. meno male che le sacche stagne reggono molto bene.
Arriviamo a Puerto Bertrand completamente mezzi e ci precipitiamo nell’unico ristorante aperto.
Meno male che è ottimo. Diciamo che eravamo talmente bagnati, che ci hanno costretto a lasciare
gli zaini completamente fradici fuori all’acqua. Poco importa in quale momento di disperazione, ci
sediamo a turno andiamo al bagno ad asciugarci. Le zuppe calde stanno già arrivando, insieme a
birre e coca cola. Ci rilassiamo mangiamo e facciamo tante risate. Abbiamo quasi finito, la pioggia
è cessata è quesi uscito il sole. Ormai è tardi per proseguire in bici verso Cochrane mancano
ancora 60 Km. Io avrei continuato ma la maggioranza decide di cercare un passaggio, caricarci le
bici ed arrivare in serata a destinazione, proprio per non sforare la tabella di marcia. La ragazza
del ristorante trova il passaggio per noi. Tutto sommato mi sta più che bene anche a me. Il
paesaggio è magico, drammatico e così coinvolgente: montagne, ghiacciai, fiumi e una strada
sterrata che serpeggia stretta verso sud sempre più a sud.

In serata arriviamo a Cochrane,nella splendida valle di Chacabuco, scoperta dall’esploratore Hans
Steffens nel 1899. La cittadina è datata 1929, in origine si chiamava “Las Latas”, poi venne
rinominata in “Cochrane” in onore di Thomas Cochrane, ex capitano della flotta inglese.e venne
ufficialmente inaugurata il 17 Marzo del 1954 con 10 case in totale. Oggi i suoi abitanti sono per lo
più fattori un paesino ultimo avamposto prima del nulla. Troviamo una sistemazione economica
con colazione abbondante, o così me la immagino. Per cena il pub in stile country che abbiamo
visto arrivando nella cittadina andrà benissimo. E’ il compleanno di Gabri due birrette in più ci
stanno bene, beviamo ridiamo ma la stanchezza e il pensiero alla tappa di domani si legge sul
volto di tutti noi. Stanco e preoccupata per domani mi corico. I124km di domani sono un chiodo
fisso.
24 gennaio 2018
124 km 1900 metri di dislivello da consumarsi nella splendida cornice della Carretera Austral
tra Cochrane e Puerto Yungai. Mi alzo con una certa ansia, sapendo di dover affrontare forse la
giornata più dura dell’intero viaggio. Colazione ormai da giorni a base di pane e marmellata,
prelievo al bancomat e via si parte. Nemmeno 100 metri e Jody rompe la catena, niente di grave,
falsa maglia e si riparte. Il paesaggio ha un che di magico. Ghiacciai, laghi, lagune e abeti, oltre
all’onnipresente ripio. I miei tre ormai quattro compagni di viaggio, oggi sembrano essere
particolarmente in forma, non riesco a tenere il loro passo nei primi km così, decido di
concentrarmi sul panorama. È così cerco di fare per tutta la giornata. Stiamo andando verso sud,
le salite sono una costante ma non troppo ripide, in più addolcite dal pensiero di sentirsi soli a tu
per tu con la natura. Ogni ora facciamo una pausa, il tempo passa inesorabile e la fatica inizia a
farsi sentire. Verso metà pomeriggio inizio ad avere un passo decente che mi dà iniezioni di
fiducia, inizio a pensare davvero di potercela fare anche se mancano ancora 49km di cui gli ultimi
su una terrificante salita lunga 20km. Durante una delle nostre pause, facciamo la conoscenza di
tre ragazze svizzere, bikepackers che vedendoci arrivare così carichi hanno una reazione di
stupore. Le tre simpatiche avventuriere stanno percorrendo la Carretera da sud a nord, stoiche!
Dopo qualche foto con loro ripartiamo, il percorso è in piano e in direzione ovest e costeggia
l’unione dei fiumi Nef e Baker, prima di virare bruscamente verso sud.
Cartello 20km a Puerto Yungai questo significa l’inizio della terrificante salita. I primi 2 km le
pendenze raggiungono il 12 per cento redendo il nostro cammino un inferno. Per fortuna dopo 4
km le pendenze diminuiscono lasciando spazio ad una salita più mansueta, ma maledettamente
lunga.
I paesaggi sono da sogno, cime innevate, passi di montagna lagune nascoste tra gli alberi e
continui sali scendi che ti permettono di ammirare a 360 gradi il panorama.
Intanto io e martin siamo andati un pochino avanti, mentre Jody e Gabri si sono fermati a fare
alcune foto ad una laguna poco dopo il passo.
Finalmente dopo 12 ore in sella arriviamo a destinazione, un molo da dove prenderemo il traghetto
e un piccolo bar, che eravamo sicuri fosse aperto.
Stavano facendo le pulizie, entriamo e gentilmente gli chiediamo dei biscotti e delle patatine. È
tutto buonissimo, ma del resto con così tanta fame, cosa non lo sarebbe ?!
Yungai è dotato anche di uno splendida stanza di attesa per i traghetti, perfetta per i nostri
materassini e sacchi a pelo.
Così dopo una buona mezz’ora di stretching e una aspirina, verso le 23 ci addormentiamo distrutti
ma orgogliosi di ciò che abbiamo compiuto, di ciò che siamo: Bikepackers.
Il pensiero ancora vivo del risultato di ieri, rende il risveglio dolce e i 100km e i 1500 metri di
dislivello da affrontare meno spaventosi, quasi come se le giornate fino a 100km fossero ormai
delle allegre scampagnate.
25 gennaio 2018
Il nostro traghetto per portarci dall’altra parte del fiordo Mitchell parte alle 10, quindi alle 9
siamo tutti nella caffetteria per una colazione a dir poco abbondante, senza considerare i 3 panini
a testa con prosciutto, che prendiamo come scorta di cibo per la tappa di oggi. Sulla nostra strada
ormai da 3 giorni incontriamo regolarmente una coppia di ragazzi Olandesi, che stanno viaggiando
sulla nostra stessa rotta, ma con pick-up con letto annesso. Ci facciamo amicizia e anche nel
breve tratto per attraversare il fiordo, parliamo di viaggi delle nostre avventure e dei nostri lavori.
Alle 10:45 arriviamo sull’altra sponda, armiamo le bici e alle 10:59 esatte inizia quella che sarà la
nostra ultima tappa, quella che ogni bikepackers sogna, quella che attraverso 3 estenuanti passi di
montagna con il battito in gola la gambe che bruciano, il cuore gonfio di sangue e di emozioni, con
le lacrime agli occhi dalla contentezza mista a nostalgia e senso di tristezza, ti conduce alla tanto
desiderata meta: La fine della mitica Carretera Austral e precisamente nel pueblo di Villa O’higgins.
Dopo una ventina di km in pianura costeggiando il lato sud del fiordo Mitchell arriviamo a quella
che con il senno di poi è da considerarsi la porta per l’inferno, e cioè l’incrocio con la strada che
porta al Ventisquero Montt.
Da qui in poi la strada costeggia i fiumi “Bravo” e “Colorado” prima di iniziare a salire per una serie
di 3 passi di montagna consecutivi che non danno tregua ne alle gambe ne tanto meno al cuore.
Le salite sono ripide e quindi anche le discese per riposarsi sono ripide e corte, in più visto il clima
“l’assetto” dei vestiti da salita non può essere lo stesso che quello da discesa, quindi ogni volta che
iniziano a pedalare giù dalle montagne dobbiamo coprirci per poi, spogliarci di nuovo dopo poco
per affrontare di nuovo le salite. Questo tratto è considerato da sempre e da tutti i viaggiatori da
nord a sud il più difficile di tutta la Carretera Austral. Gabriele avendo il ginocchio destro operato al
menisco, è costretto a sottoporre il ginocchio sinistro ad uno sforzo eccessivo tanto da
infiammarlo, per lui gli ultimi 60km sono stati davvero una agonia tanto da dover prendere un
brufen e mettersi un cerotto di Voltaren sul ginocchio. Negli ultimi 20km ci accorgiamo con Martin
che ci sarà un’altra salita abbastanza dura. A quel punto devastato dalla fatica decido che è giunto
il momento di far entrare in gioco la testa e rischiare il tutto per tutto, questo significa gas aperto
per 20km senza badare a dolori, fatica e emozioni, la parola d’ordine è gas aperto. Ho sentito che
era la giusta maniera di coronare 10 mesi di allenamenti, sacrifici miei e della mia famiglia, il giusto
modo di ringraziare chi mi ha supportato e sopportato, la giusta maniera di onorare una delle
strade più dure dure al mondo, che per quasi 1500km ci ha fatto essere parte della sua storia.
Dopo 5 minuti in tavola c’erano già più di 15 birre. La cena ovviamente si trasforma in un party per
festeggiare la fine della Carretera Austral. Risultato: 38 birre in 7, con il conto delle bevande che ha
doppiato nettamente quello del cibo. Completamente distrutti e ubriachi ci alziamo dal tavolo alle
ore 1am facendo un rumore infernale, tra schiamazzi, battute e urla a caso, in pieno stile italiano. I
200 metri che ci separano dal nostro alloggio, da affrontare in bici, sono un concentrato di scene
irripetibili. La povera gestrice della Cabana rimane a bocca aperta quando si vede arrivare 5
persone in bici completamente ubriache che vociano a pieni polmoni in mezzo ad un piccolo
paese, che ha fatto del silenzio una delle sue prerogative. Palesemente innervosita ci conduce alle
nostre camere, dove senza fare la doccia e con un minuto di stretching ci accasciamo sui nostri
comodi letti, sapendo che domani ci aspetta un giorno di meritato riposo.