Ciao a tutti, sono Kevin Ferrari e oggi voglio raccontarvi di un’avventura che abbiamo vissuto quest’estate fra la Valle d’Aosta e la Svizzera. Il tutto è partito da un amico, Cristian Cesa. Un giorno eravamo in bici con lui, e ci stavamo lamentando del fatto che oramai avevamo fatto tutti i giri più belli di questa regione e oramai non sapevamo più cosa fare. A questo punto lui ci disse: “Lo conoscete il Tour Des Combin?” Noi rispondemmo che non lo conoscevamo, sapevamo che poteva essere un giro attorno a un 4000 visto che eravamo in Valle d’Aosta, ma nulla di più. Brevemente ci spiegò questo famosissimo tour, dandoci anche alcuni utili consigli per alcuni rifugi in cui dormire al fine di dividere al meglio il dislivello e i chilometri. Ci spiega anche che il Grand Combin è massiccio delle Alpi Pennine la cui vetta è posta a 4314 m sul livello del mare.
Io vi devo confessare che sono una persona che con le novità e con le estemporanee non va molto d’accordo. Anzi! Tendo a chiudermi nelle mie paure e nelle immagini che la mia mente va costruendo, fermandomi. Ovviamente c’era anche una parte di me di che era super gasata all’idea di fare un esperienza di questo tipo, con così tanto portage e così tanto dislivello, sia pedalato che da fare con le stampelle. Complice il fatto che, nonostante la paura, fossi emozionato, e grazie alla spinta positiva di Silvia, la mia compagna, decidiamo che l’avventura si farà.
Cominciamo a programmare il tutto. Apriamo Komoot e cerchiamo di dividere al meglio le tappe in modo da avere un dislivello omogeneo ogni giorno. E poi cominciamo a contattare il rifugi e i campeggi sparsi sul percorso. Dopo mille chiamate, fatte di incomprensioni dovute all’incompatibilità linguistica fra l’inglese, che parlavamo noi, e il francese, che parlano in quel cantone svizzero, riusciamo a prenotare. Abbiamo prenotato in un campeggio vicino al lago di Mauvoisin e alla famosissima Cabane de Mille, un nido d’aquila appollaiato a 2400 e qualcosa metri.
Quindi ora abbiamo tutte le carte in regola per partire per questa avventura che ci porterà a percorrere circa 120 chilometri e quasi 5000 metri di dislivello.

Ci prendiamo un giorno libero da qualsiasi attività sportiva, e festeggiamo come tutti il Ferragosto facendo una bella grigliata e rilassandoci in riva a un torrente.
Finalmente arriva il giorno della partenza, che abbiamo deciso di fissare ad un alpeggio, posto a 1800 metri, sopra l’abitato di Allein. Io di solito faccio molta fatica a svegliarmi. Questa volta appena sveglio vedo che Silvia guarda il meteo svizzero e noto che all’una e mezza al Col Fenetre De Durand, uno dei passi più alti che avremmo dovuto attraversare con le bici in spalla, è previsto un temporale. Istantaneamente salto in piedi, comincio a prepararmi in fretta e furia per partire il prima possibile. Sono sempre molto spaventato dai temporali in quota, anche perché io devo mettere le stampelle nello zaino, quando faccio questo tipo di avventure con tanto portage, e queste attraggono i fulmini, comportandosi da parafulmine. Solo che in questo caso io sarei una parte del parafulmine! Non di certo una prospettiva allettante.
Nel giro di mezz’ora siamo pronti con le borse già montate e partiamo. Parte ufficialmente la nostra avventura. Ci dirigiamo nella direzione della conca di By. Percorriamo un sentiero, con una pendenza mai proibitiva, accanto al ru di By. Quest’ultimo è un canale, molto diffuso in Valle D’Aosta, il quale ha la valenza di portare acqua potabile e irrigua dalle valli laterali e dai ghiacciai, alla valle centrale, storicamente povera di acqua. La regione ne è piena, e sono tutti dei percorsi bellissimi da percorrere a piedi, in bici o a cavallo.
Arriviamo alla Conca di By, che sovrasta l’abitato di Ollomont, famoso per le sue fontine buonissime. Da qui dopo poco parte il vero e proprio portage. Non possiamo purtroppo più continuare a pedalare, io però ho un’illuminazione, vedo in lontananza una ragazzo con la figlia e penso: “questa è la nostra unica possibilità di farci aiutare”. Accelero a dismisura, ho il cuore in gola. Sono molto provato dalla fatica, però accelero e accelero e accelero fino a che non lo raggiungo e gli grido se mi puoi aiutare a portare la bici fino in cima al passo. Lui con fare allegro, accetta subito la sfida e parte all’impazzata con la bici in spalla. Quando Silvia mi raggiunge e apprende la notizia, non sta nella pelle per la felicità di dover portare solamente una bici e non entrambe, come era destino che fosse. Questo le permetterà di fare solamente 400 metri di portage, anziché il doppio!! E inoltre ci permette di poter arrivare al passo con due ore di anticipo sul temporale!

Io percorro l’intero dislivello che ci separa dal Col Fenetre de Durand con le mie stampelle e ammetto che fra quota e stanchezza, ho fatto una fatica veramente grande per coprire questi 400 metri di dislivello. Tenendo duro e pensando che Silvia è molto più carica di me ci troviamo in cima al passo. Dopo aver ammirato il paesaggio unico che ci circonda, inforchiamo nuovamente le bici e scendiamo alla volta del Lac de Mauvoisin. Percorriamo un sentiero bellissimo da enduro, che a tratti riesco a fare, a tratti no, poiché molto tecnico in certi tratti.
Ed eccoci finalmente alla forestale che corre lungo il lago. La percorriamo tutta, raggiungiamo le gallerie create durante la costruzione della diga che ha originato il lago. Una diga ad arco bellissima da vedere e anche da visitare, con tantissimi torrenti, fiumi e cascate che immettono la loro acqua all’interno dell’invaso artificiale.
Ora tutte le difficoltà sono alle spalle e possiamo arrivare al campeggio, dove ci concediamo una bella birra e una doccia calda per festeggiare l’impresa di giornata. Ecco che arriva il temporale che abbiamo superato, ma per fortuna oramai noi siamo all’interno delle nostre tende, le Tepee, e quindi non ci fa più alcuna paura, anzi, ci culla e ci allieta il sonno.
L’indomani mi sveglio e tutto spavaldo, guardo la traccia e dico: “ma sì.. 25 chilometri con 1.200 di dislivello, cosa vuoi che sia?” “Quello di oggi sarà sicuramente un giro veramente molto semplice”. Lo ripeto troppe volte. Infatti poco dopo essere partiti ci imbattiamo subito nei primi problemi, un sentiero molto tecnico, pianeggiante, ma molto roccioso, con gradini che mi rende molto difficile la progressione.
E poi a differenza del giorno precedente il clima si preannuncia piovoso e con frequenti temporali in quota durante tutto l’arco della giornata. Decidiamo il da farsi. Giungiamo alla conclusione di modificare leggermente la traccia e di non scendere fino all’abitato di Montagnier, come avevamo deciso in origine per fare un rifornimento di cibo. Quello che abbiamo con noi nelle nostre borse dovrebbe bastarci. Ciò probabilmente ci permetterà di essere in quota ad un ora tale per cui le condizioni atmosferiche siano il più possibile stabili. Parte una forestale che ci porta direttamente in un sentiero che rimane in quota. Il sentierino diciamo che è non stato facile, perché era tutto sali e scendi e probabilmente da enduro. Comunque grazie all’aiuto di Silvia riusciamo a farlo e riusciamo a raggiungere di nuovo la forestale. Ora ci mancano gli ultimi 6 chilometri e 600 metri di dislivello per arrivare alla Cabanne de Mille.

Dalle mappe pensavamo che avremmo potuto fare meno parti in sella e invece fortunatamente siamo riusciti a fare quasi tutto in sella fino a 2300 metri. Quindi oramai per Silvia è una pacchia. Solo circa 100 metri di salita e la fatica è finita. In breve tempo, riesce a portare entrambe le bici in prossimità del rifugio. Capiamo perché Cristian ci aveva parlato benissimo di questo posto! E’ un nido d’aquila bellissimo che si affaccia su tutto il gruppo del Gran Combin e sul gruppo del Monte Bianco.
Passiamo una serata bellissima, gozzovigliando con cibo buonissimo, ottima compagnia e belle emozioni. Fuori la volta celeste si sta facendo sempre più meravigliosa e mozzafiato. Abbiamo la fortuna di ammirare una via lattea, che raramente abbiamo avuto modo di gustare durante la nostra vita.
Il giorno dopo di buona mattina ci alziamo, facciamo colazione e partiamo. Silvia purtroppo ha un problema ai freni probabilmente derivante dal primo giorno in cui aveva dovuto mettere la bici in verticale per superare una grotta. Questo deve aver portato alcune bolle d’aria vicino alle pinze dei freni e di conseguenza i freni sono quasi inservibili. Modifichiamo leggermente la traccia per fare in modo che lei sia in sicurezza, togliendo semplicemente un singolo tratto di sentiero che ci era sembrato molto ripido ed esposto.
Partiamo e percorriamo subito il sentiero iniziale molto carino, molto largo e costruito apposta per essere in sicurezza. Dopo essere scesi a Bourg Saint-Pierre, passiamo accanto al Lac Des Toules. Da qui inizia la famosa salita, su asfalto, che porta al passo del Gran San Bernardo. Nonostante la salita fosse su asfalto, soffriamo molto la fatica dei giorni scorsi. Secondo me, dal punto di vista psicologico, sapendo che è l’ultimo giorno, la forza di volontà è un pochino calata. Poi in genere, per me, tutti gli ultimi giorni di ogni avventura sono molto difficili. Continuo a sentire dolori, fastidi e il tempo non mi passa. Comunque a forza di pensare che il tempo non passa, è passato. Ci troviamo catapultati in cima, ai 2473 metri del colle del Gran San Bernardo. Casino più finito. Gente ovunque e macchine in ogni dove. Di certo non lo stile di montagna che piace a noi. Più libero e riflessivo. Ci togliamo velocemente da questo casino e scendiamo.
A un certo punto ci dividiamo, io prendo un sentiero che è parte della famosissima via Francigena. Un famosissimo pellegrinaggio che da Canterbury arriva fino a Roma. Silvia prende la strada asfaltata per preservare, i già malandati, freni.
Il viaggio oramai sta per volgere al termine. Ci mancano gli ultimi pochi chilometri di ru che da Saint-Rhémy en Bosses ci riporterà sopra Allein. La Grivola e il Gran Paradiso ci osservano durante gli ultimi chilometri di salita. Anche questo ru è super pedalabile! E’ incredibile pensare che questi canali irrigui siano stati costruiti già a partire dal 1400. Delle opere di ingegno e di idraulica veramente considerevoli!
Ed eccoci di nuovo alla malga ove abbiamo deciso di lasciare il furgone. Appena arrivati festeggiamo per il grande traguardo che abbiamo appena raggiunto e ci sdraiamo felici ad osservare le montagne davanti ai nostri occhi!
Come dice Silvia, prima di partire per questo viaggio ero una lumaca impaurita che non voleva uscire dal guscio. Nel vivere questo viaggio, mi sono trasformato in una farfalla che non avrebbe più voluto che questa avventura pazzesca, finisse!
