Transromagna, Da Castel San Pietro Terme a Rimini. Una traversata da Nord a Sud lungo un itinerario mai troppo tecnico, sempre vario, faticoso ma con giusti spazi per il recupero
Primo Giorno
L’inizio della Transromagna si trova alle spalle dell’abitato di Castel San Pietro Terme, costeggiando il torrente Sillaro, tra verdeggianti colline cosparse di vigneti.
Dopo pochi chilometri l’asfalto lascia il posto ad erte carrarecce che salgono in mezzo ai coltivi, sulle famigerate argille scagliose dell’appennino che, inzuppate d’acqua delle piogge dei giorni precedenti, ben presto ingrassano ancor di più le ruote della mia fat-bike e l’avanzata diventa faticosa, ma inarrestabile (che bici!). Giungo in cima a uno spettacolare calanco e mi fermo a contemplare il paesaggio verso sud: nessuna città all’orizzonte, solo dolci colline a perdita d’occhio e casolari e fattorie immersi nel verde.
Discesa veloce e le ruote si liberano dei chili di troppo. Torno in fondovalle, per poi ricominciare la salita, un ritmo che scandirà tutto il giro: un saliscendi continuo ed estenuante, ma la fatica è ampiamente ripagata dalla bellezza dei luoghi che attraverso. Codrignano, Tossignano, la vena del gesso Romagnola, protetta dal suo Parco regionale.
La diversità geologica della Romagna è davvero notevole ma il periodo è perfetto anche per ammirare (e odorare) stupende fioriture: ginestre, citisi, rose e orchidee ovunque. Solo pochi tratti con la bici a spinta a causa dell’eccessivo fango, ma il resto è tutto in sella. Carrarecce, sentieri, forestali e strade secondarie asfaltate ma con pochissimo traffico. Il giro è davvero molto vario e divertentissimo.
Così, senza accorgermene, sconfino in Toscana nel primo pomeriggio. Raggiungo Gamberaldi, una borgata caratteristica che merita una sosta. I miei amici avevano pernottato in un agriturismo qui (che peraltro mi pare chiuso) l’anno scorso, ma sono ancora in vena di pedalare quindi decido di proseguire. Mi aspetta un lungo tratto di asfalto, discesa e ancora salita, tanto per cambiare… Ma è l’ultima della giornata! Attraverso Marradi e salgo il duro Passo dell’Eremo.
Sono le sei e mezza, giusto il tempo per godersi il tramonto, montare la tenda, accendere un bel fuoco e preparare una bella zuppa calda.
La notte nei boschi, lontano dalle strade e dai centri abitati, è sempre emozionante. Sono circondato da animali che girano e si avvicinano, non li vedo ma li sento. Forse vengono a curiosare l’estraneo che è venuto a casa loro senza essere invitato…spero di non disturbarli troppo con la mia presenza! Lascio spegnere il fuoco, inizia a far freddo e mi infilo nel mio sacco a pelo.
Secondo Giorno
Mi sveglio all’alba sotto una leggera pioggia. Verso valle sembra meglio il tempo quindi faccio su i bagagli alla svelta. Mi preparo un tè, qualche biscotto e riparto su un bellissimo sentiero che scende nei valloni di Gamogna dove trovo incastonato l’omonimo Eremo che mi lascia senza fiato: un luogo con un fascino indescrivibile. Facile capire come la divina provvidenza abbia consigliato a San Pier Damiani mille anni fa di erigere il suo monastero in questo luogo. Provvidenziale anche un castagno secolare cavo dove ripararsi durante un breve acquazzone e ancor di più la freschissima fonte dove fare scorta d’acqua per i prossimi chilometri.
Il ritorno nel mondo civilizzato che alterna salite e discese non è mai troppo traumatico perché i paesini della Romagna sono oasi di pace e tranquillità. Faccio una seconda colazione a Tredozio e si torna a salire un altro valico e di nuovo a scendere fino a Rocca San Casciano, paese famoso per la sua festa dei falò.
Attraverso il centro abitato e dopo poco ricomincia lo sterrato, bellissimo, solo qualche agriturismo e vacche al pascolo. Il cielo è carico di nubi scure ma sembrano innocue. Ancora una bella strada bianca sul crinale e arrivo a Santa Sofia.Da lì la salita su asfalto che porta a Spinello è lunga e faticosa, ma anche questa volta è l’ultima della giornata. Mi inerpico ancora un pò su una sterrata per allontanarmi dal paese e inizio a cercare un posto per la notte. Trovo una bella radura nel bosco, perfetta per accendere un fuocherello, sempre stando attento a non fare danni. Oggi è stata una giornata calda e l’ultima salita mi ha fatto infradiciare, quindi sfrutto gli alberi come stenditoio e gli ultimi raggi di sole per asciugare i vestiti. Stasera mi preparo un bel risotto ai carciofi!
Terzo Giorno
Sveglia presto, il sole deve ancora sorgere. Di solito preferisco accamparmi alle quote più alte, per evitare l’umidità, ma la notte fa ancora un pò freddo e io ho già il sacco a pelo estivo, quindi sento il bisogno di tornare sui pedali per scaldarmi. Lungo la strada mi godo i primi raggi di sole che illuminano le imponenti formazioni marnoso arenacee che incombono sulla carreggiata.
Raggiungo il primo paese del fondovalle e ne approfitto per fare la consueta seconda colazione di rinforzo. I bar di paese sono dei veri e propri teatrini popolari, con personaggi caratteristici, belli da vedere e da ascoltare. Da queste parti il tempo sembra essersi fermato a parecchi anni fa…
Riparto su una salita tranquilla, perfetta per preparare i muscoli, che lascio per una meravigliosa mulattiera di crinale panoramicissima, che dapprima sale ancora un pò poi mi regala una discesa veloce fino a Sarsina.
Un’altra salita su asfalto con qualche bel “muro” fino a Perticara, con la sua pietra che si erge sulle valli circostanti.
Riprendo fiato, mi guardo indietro un attimo e poi mi lancio giù sull’asfalto sotto gli sguardi incuriositi di tanti stradisti.
Da Novafeltria imbocco la lunga ciclabile del Marecchia, una strada bianca che costeggia il fiume e che mi condurrà alla mia meta finale, il mare.
Lo sento che si avvicina. Sento il suo odore. Sento la salsedine sulla pelle. Poi spunta all’orizzonte. Percorro gli ultimi metri sul molo accompagnando il Marecchia fino alla fine. E’ fatta!
Autoscatto di rito, poi mi siedo sugli scogli e resto a contemplarlo per un pò.
Speravo di potermi rilassare con il suono delle onde ma sono troppo ottimista: il suono che sento è il rumore delle ruspe e dei camion che preparano gli stabilimenti balneari per l’estate. C’è già tanta gente in spiaggia, anche qualche temerario in acqua per una veloce nuotata.
Il treno mi aspetta, ma non lo raggiungo subito per strada…
Non potevo mica rinunciare al piacere di una pedalata sul bagnasciuga!!!
Considerazioni tecniche sul percorso
Il merito va all’ideatrice, Giuliana Monti, amica di amici che lo percorrono ormai tutti gli anni. Brava Giuliana! E’ bellissimo, mai troppo tecnico, sempre vario, faticoso ma con giusti spazi per il recupero. Ciclabilità 100%, salvo su alcuni tratti di sentieri o carrarecce a seguito di abbondante pioggia (che van percorsi a piedi anche per evitare di danneggiarli). Di asfalto ce n’è circa il 40%, comunque si tratta spesso di strade secondarie, quasi sempre molto piacevoli e panoramiche, con poche o nessuna auto in giro. I passi presentano alcuni strappi abbastanza ripidi ma mai impossibili. Di questi, alcuni tratti sono appetiti dai motociclisti quindi presumo che nei weekend possano essere più trafficati (io l’ho percorso da mercoledì a venerdì e ne ho trovati veramente pochi).
Considerazioni tecniche sulla logistica
Super personalizzabile direi. I miei amici lo han fatto appoggiandosi alle strutture che si incontrano lungo il percorso (numerose, prevalentemente agriturismi o b&b, che ho però spesso visto chiusi quindi conviene fare una telefonata prima di partire). Io l’ho fatto in totale autonomia, salvo servirmi di qualche alimentari non difficili da trovare nei paesi per il panino a pranzo e la frutta fresca. Si trovano posti per mettere la tenda un pò ovunque, basta avere l’educazione di non lasciare tracce del proprio passaggio e magari di restare lontano dalle case e dai i centri abitati. I fuochi vanno accesi sempre e solo in totale sicurezza, in zone aperte, radure e comunque lontano da rami, legna o foglie secche
Il ritorno l’ho fatto in treno, nessun problema a trasportare la bici sui treni regionali veloci (ca. h 1:20)
Considerazioni tecniche sull’attrezzatura
Partiamo dalla bici. Una Trek Farley 9.6. Avevo già sperimentato la versatilità e il divertimento che sanno offrire le fat-bike e me ne ero innamorato. Questa in realtà è una strana bestia, qualcuno la definirebbe forse mid-fat: ruote da 27,5 con copertoni da 3,8 pollici. Un bel compromesso per avere stabilità e scorrevolezza nella giusta misura. Rimaneva da fare la prova in assetto bikepacking e devo dire che entrambe queste doti si esaltano: molto più confortevole della 29er che avevo e con la trazione e la sicurezza in velocità che solo la fat ti può dare. Sicuramente non nasce come bici specifica per il bikepacking, vista la geometria del telaio da XC e il materiale di cui è fatto, il carbonio, ma io l’ho trovata tutto sommato comoda. Comunque la dovrò provare su giri più lunghi per trarre le conclusioni.
In questo giro ho usato per la prima volta degli accessori Alpkit (già recensiti in un articolo su questo sito): due “stem cell” misura media montati al manubrio e una “fuel pod” large sul tubo orizzontale, posizionato vicino al manubrio. Le prime le ho usate come contenitori di una borraccia da 75 cc e di viveri pronto uso da sgranocchiare durante la pedalata (frutta secca), la fuel pod come borsa per la macchina fotografica (una mirrorless Sony), un power bank, e qualche cavetto. Ho trovato un pò scomode le stem cell solo per il fatto che quando pedalavo in piedi le urtavo con le ginocchia, ma questo dipende dalle misure del telaio e corporee. La fuel pod è comodissima per avere la macchina fotografica a portata di mano. Anche se ha le cerniere nastrate non è garantita l’impermeabilità quindi conviene usare un sacchetto stagno al suo interno in caso di pioggia. Materiali non eccelsi, ma buon rapporto qualità prezzo.
Per l’occasione ho comprato anche un materassino gonfiabile della Decathlon, modello Forclaz Air da 550 grammi, quindi non leggerissimo ma molto comodo e apparentemente robusto, però vedrò con l’utilizzo come si comporta.
La tenda è una Camp Minima 2 SL, 1,5 kg, già testata e piaciuta, di cui si trovano recensioni in giro. Anche troppo grande per l’utilizzo in solitaria ma sufficientemente alta per starci seduti, cosa per me importante (ho avuto anche quella da un posto e mi sembrava di stare in un sarcofago!).
Il resto del materiale, borse Revelate Design, anche queste ormai collaudatissime e già ampiamente recensite, quindi non spenderò altre parole. Ne sono molto contento ma dalla sua nascita sono passati un pò di anni e forse il mercato oggi offre delle valide o anche migliori alternative.
Asfalto 40%
Sterrato 60%